Oggi vi presentiamo l’ultimo tema toccato dalle quattro ricerche universitarie commissionate da FAITA-Federcamping e presentate in un webinar la scorsa settimana. L’Università di Teramo si è concentrata sugli aspetti normativi. Michela Michetti, docente di diritto costituzionale, pubblico e istituzionale europeo (nella foto in alto), ha spiegato come la materia intercetti interessi pubblici e privati, ma anche ambiti delle competenze statali e regionali, come ambiente, governo del territorio e ordinamento civile. Questa trasversalità si traduce in un’intrinseca debolezza, che deriva non solo dall’intreccio di competenze, ma che riemerge anche dallo screening delle discipline regionali, visto che ciascuna regione ha competenza sul turismo in base alle proprie specificità dando vita a un complesso normativo eterogeneo e differenziato. Serve quini una soluzione che possa armonizzare e coordinare i livelli di amministrazione statale, regionale e locale.
Accanto a questo primo aspetto, la ricerca si è soffermata su alcuni punti particolari: l’allestimento di strutture mobili in aree ricettive all’aria aperta e il loro accatastamento. Il primo è un elemento insidioso, perché per molto tempo non è stato indagato dall’ordinamento giuridico. Questa sua complessità deriva anche dal fatto che questa fattispecie intreccia diversi interessi e discipline, compresa quella paesaggistica. L’unica norma di riferimento nel Testo Unico (TU) sull’edilizia parla di tre regimi giuridici che devono essere considerati allestendo strutture mobili. Questa norma ricopre un ruolo strategico, perché è la sola esistente a livello nazionale e ha attivato un acceso dibattito che ha portato a diverse pronunce giudiziarie, che però non sono state di segno univoco. Questo nel tempo ha generato molta incertezza.
L’ultimo intervento è la legge 120/2020 che ha meglio definito la questione escludendo che serva alcun titolo edilizio, ma rimane una questione aperta: l’assoggettamento alla disciplina paesaggistica, che ancora oggi non ha trovato una compiuta definizione. Si può fare riferimento alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che dal 2012 è rimasta invariata e consolidata, censurando le discipline regionali che escludevano la valutazione paesaggistica. Il ragionamento fa leva sulla rilevanza del paesaggio che tecnicamente riconduce alla lettera “S” dell’art. 117, cioè alla competenza dello Stato. All’art. 146 del Codice dei beni culturali si fa riferimento all’autorizzazione che è necessario ottenere. Questo è un vincolo per le discipline regionali, ma pone diverse questioni, molto controverse, che nascono da una mancata armonizzazione tra l’art. 3 del TU edilizia e l’art. 146 appena menzionato. In particolare: l’autorizzazione deve essere concessa per la struttura ricettiva o per ogni singolo atto di installazione? Questo aspetto andrebbe formalmente chiarito dal legislatore.
Dall’altro lato, la questione insoluta riguarda l’accatastamento degli allestimenti mobili, che è una procedura che dovrebbe riguardare teoricamente solo i beni immobili. La norma considerata è contenuta nel Decreto Ministeriale 28/1998 che dice che sono esclusi i manufatti non stabilmente infissi al suolo. Qui c’è un dibattito vivace, con numerose decisioni giudiziarie che hanno posto l’accento sulla definizione di autonomia funzionale e reddituale, identificando questo come elemento su cui basare o meno l’accatastamento. È però una contraddizione di termini. A questa affermazione può essere di supporto l’art. 3 del DM 28/1998, ma questa interpretazione abbastanza lineare evidentemente non si è affermata nella realtà concreta. La scelta di accatastare o meno la casa mobile finisce quindi al catasto locale, generando molte incertezze perché non sempre queste questioni hanno carattere univoco. Serve quindi una soluzione normativa nella quale sostenere la non rilevanza delle strutture mobili ai fini catastali.
Le ultime considerazioni tengono conto dell’impatto della pandemia. Le misure normative adottate per il settore turismo sono state moltissime. “Analizzandole superficialmente,” dice Michetti, “ho colto il grande assente di questa poderosa macchina che si è messa in moto: il turismo. Ho trovato misure che solo a tratti lo hanno considerato e sono interventi di supporto economico per le imprese che poco riguardano il settore, tranne il tavolo di lavoro a cui siedono le categorie e il ministro Franceschini. Alcune discipline regionali hanno invece dato maggiore attenzione al turismo open-air, come in Veneto, Lazio, Sicilia e nella provincia autonoma di Bolzano, che sono intervenute un po’ più incisivamente. Questo mi lascia pensare che sia necessario potenziare i territori, perché ritengo che i governi locali abbiano un ruolo strategico nel turismo all’aria aperta”.
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