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Kampgrounds of America vede la luce in fondo al tunnel: per i campeggi la ripresa è dietro l’angolo

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Kampgrounds of America (KOA) è una catena statunitense di campeggi che oggi raggruppa oltre 520 strutture in quasi tutti gli Stati del continente nordamericano. Fondata in Montana nel 1962, KOA è un importante termometro in grado di misurare l’andamento del turismo all’aria aperta in questo periodo pandemico, tanto che il gruppo ha realizzato un Report Speciale pubblicato nei giorni scorsi che dipinge il quadro, per altro in evoluzione, di questo settore.

Anche negli USA a marzo sono state emanate numerose ordinanze per imporre il lockdown e, come annota Toby O’Rourke, CEO di Kampgrounds of America, in un’intervista a Forbes, già l’8 marzo si sono cominciate a registrare le prime cancellazioni delle prenotazioni. Tra marzo e aprile, la quota di clienti KOA che ha rinunciato alla propria piazzola per i mesi a venire è salita del 185 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, lasciando presagire tempi difficili.

Invece, non ci è voluto molto per vedere un’inversione di tendenza: dal 15 di aprile le prenotazioni hanno ricominciato a fioccare, superando di gran lunga le cancellazioni. In maggio l’utilizzo dei campeggi ha visto una discesa del 30 per cento, che non è male se lo si compara al “crollo” del 58 per cento fatto registrare dal settore alberghiero. Le prenotazioni per luglio e agosto, secondo O’Rourke, sono inferiori solo del 15 per cento rispetto allo scorso anno, mentre per il periodo autunnale sono superiori, con un più 50% per il mese di settembre. Insomma, l’impatto del Coronavirus si è sentito, ma il settore sembra reggere.

L’indagine che KOA ha fatto realizzare dal Cairn Consulting Group tra il 27 e il 30 aprile intervistando circa 4.500 persone (4.000 negli Stati Uniti e 500 in Canada) conferma quanto già emerso anche in Europa, ovvero che i campeggi sono luoghi dove il distanziamento sociale è garantito per la natura stessa delle strutture.

Dal report è interessante notare che un terzo dei turisti interpellati che mai sono stati campeggiatori si dichiara ora interessato a questo tipo di vacanza. Il 46% di questi lo fa per poter stare fuori casa dopo essere stati bloccati per troppo tempo, il 41% perché lo ritiene un modo più economico di andare in vacanza, il 37% perché pensa che sia più semplice rispettare il distanziamento sociale. Generazione Z (44%) e Millennials (45%) sono i più interessati.

Un altro dato interessante è che chi intende andare in campeggio pensa di farlo più vicino a casa rispetto al passato: lo ha dichiarato il 70 per cento degli intervistati. In merito alla tipologia di esperienza desiderata, tra chi è già campeggiatore prevale l’idea di sposare la “van life” e vivere in camper (39%), mentre i non campeggiatori vedono con favore la possibilità di fare “glamping” (28%), attività per altro molto apprezzata anche da chi in campeggio già ci va (38%).

Particolarmente importante è la possibilità di disporre di un bagno privato, apprezzata dal 63 per cento delle persone intervistate, elemento che influenzerà la scelta del luogo in cui andare di circa la metà del campione.

Tirando le somme, che ci si trovi in Europa (di cui abbiamo parlato ieri con l’indagine ACSI) o negli Stati Uniti, gli indicatori per i mesi a venire sembrano positivi. La speranza è quella di lasciarsi alle spalle al più presto il periodo peggiore.

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