Sul fatto che il Covid abbia colpito duramente il settore turistico non ci sono dubbi. E anche sul fatto che i suoi effetti continuano e continueranno a farsi sentire nei prossimi mesi. Questo stato di cose è certificato dai dati dell’Osservatorio mensile di Confturismo sull’indice di fiducia del viaggiatore italiano, realizzato in collaborazione con Swg: 57 punti (su scala da 0 a 100), 12 in meno rispetto a settembre 2019.
Ma non è questo l’unico segnale di allarme. L’indice ha fatto registrare, tra febbraio e maggio di quest’anno, valori al di sotto delle medie di stagione e da luglio l’andamento dell’indice è tornato ad avere le stesse oscillazioni dell’anno precedente, ma sempre – sistematicamente – con 10-12 punti in meno. In pratica, la domanda sembra avere superato lo “shock” del Covid-19, ma assestandosi su valori notevolmente più bassi rispetto al passato.
Dunque, sono molti i segnali che “raccontano” la stessa cosa: la crisi del turismo è ormai strutturale. Di fronte a questa situazione il presidente di Confturismo, Luca Patanè ha sottolineato che “le misure di sostegno al turismo attualmente disponibili non sono assolutamente sufficienti”.
“Bisogna che il governo riconosca il ruolo del turismo,” ha detto Patanè, “e recuperi pienamente le sue potenzialità, soprattutto per ottenere e indirizzare al meglio i fondi del recovery fund che rappresentano l’ultimo treno per il rilancio del settore. Siamo leader del turismo mondiale e dobbiamo agire da leader anche in questo momento. Per esempio, sottoponendo tutti i turisti in uscita e al ritorno a test Covid rapidi, per riaprire in sicurezza i flussi internazionali, e sollecitando gli altri Paesi a fare lo stesso: così potrà ripartire il turismo tanto incoming quanto outgoing. In mancanza di questo presupposto, ogni intervento fatto fino ad ora sarà stato inutile”.
Tornando ai dati della ricerca, l’unica notizia positiva è la ripresa d’interesse per le città d’arte, città e piccoli borghi nella programmazione degli italiani per gli “short break” autunnali: nulla di paragonabile a vacanze vere e proprie, dato che si tratta di piccole pause di 2-3 giorni al massimo, ma per queste mete, che continuano a essere colpite pesantemente dalla mancanza di turismo straniero (arrivi e presenze -95% tra marzo e giugno), si tratta di un piccolo segnale d’incoraggiamento.
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