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Rivalutazione dei beni d’impresa: FAITA-Federcamping ha spiegato in un webinar come funziona

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Maurizio Vianello, presidente FAITA-Federcamping

Un interessante webinar organizzato da FAITA-Federcamping, associazione italiana dei campeggi (nella foto il presidente Maurizio Vianello), ha affrontato il tema della rivalutazione dei beni d’impresa. Le normative speciali emanate dal Governo per aiutare le imprese ad affrontare le difficoltà causate dalla pandemia offrono tra le altre cose questa possibilità, che consente di aumentare la capitalizzazione e migliorare i redditi. Ovviamente lo strumento, che è stato pensato con modalità differenti a seconda che si operi nel “settore alberghiero e termale” o meno, va maneggiato con cura, avendo ben presenti tutte le conseguenze che un uso troppo spregiudicato può portare con sé.

All’evento hanno partecipato come relatori principali Alain Devalle, professore ordinario di economia aziendale all’Università di Torino, nonché dottore commercialista e revisore legale all’ODCEC di Torino, e Gianluca Odetto, dottore commercialista e revisore legale.

Questa è la miglior rivalutazione degli ultimi 20 anni e sarebbe un peccato se chi può usufruirne non lo facesse”, ha detto Devalle. In effetti, tra le possibilità a disposizione delle imprese ci sono teoricamente tre strumenti. La prima, la rivalutazione “in proroga” prevista dall’art. 12-ter del DL 23/2020, è sostanzialmente inutile, in quanto è prevista un’imposta sostitutiva del 10 o 12% che la rende meno conveniente delle due alternative. L’unico elemento da considerare è che potrà essere applicata anche nei due prossimi bilanci di esercizio.

Rivalutazioni a costo zero

Alain Devalle

Il legislatore ha previsto per il settore alberghiero, nello stesso decreto (art. 6-bis), anche la possibilità di effettuare rivalutazioni a costo zero sul bilancio 2020, su quello del 2021 o in un mix di questi due. Infine, esiste per tutte le imprese la possibilità di ricorrere alla rivalutazione generale prevista dall’art. 110 del DL 104/2020, effettuabile solo sul bilancio 2020 e con un’imposta sostituiva del 3% da pagare solamente se si è intenzionati a ricorrere anche alla rivalutazione “fiscale” e non solo a quella civilistica. Volendo paragonare le norme sulla rivalutazione riservata al settore alberghiero con quella destinata a tutti i soggetti imprenditori, va detto che mentre nel primo caso l’operazione deve riguardare i beni raccolti in categorie omogenee, nel secondo è possibile rivalutare liberamente e singolarmente i cespiti desiderati.

Volendo scegliere a quale norma fare riferimento, va anche detto che per campeggi e villaggi turistici la situazione non è chiara. Il decreto fa infatti riferimento alle “imprese operanti nel settore alberghiero e termale”, ma una simile definizione, come conferma Gianluca Odetto, non esiste. Un ipotesi è quella di considerare i codici ATECO, partendo ovviamente dal 55.1, che comprende alberghi e strutture simili. Guardando alla “ratio” della norma verrebbe naturale ricomprendere anche i codici 55.2 (alloggi per vacanze, rifugi, affittacamere e così via) e il 55.3 dei campeggi. Al momento manca però una conferma interpretativa e bisognerà quindi attendere per essere certi di poter attivare questo strumento anche per le strutture ricettive all’aria aperta. La norma comunque parla di società “operanti nel settore”, quindi può esser applicata anche a chi opera in regime di affitto d’azienda.

Cosa valutare attentamente

Gianluca Odetto

Ma quando si parla di rivalutazione dei beni d’impresa, quali sono le cose principali da tenere a mente? Prima di tutto, il valore del bene non deve mai superare il valore recuperabile, ovvero quello maggiore derivante da un’eventuale cessione (al netto dei costi di vendita) o quello ricavabile dal suo valore d’uso. Di solito si usa il primo, ma è anche possibile valutare il bene per l’utilizzo che se ne fa calcolandone il valore in termini di ricavi. Anche se non obbligatoria, è sempre preferibile far eseguire una perizia a un professionista per evitare di ritrovarsi contenziosi aperti con gli organi di controllo, e in ogni caso, una volta definito il valore, non conviene effettuare una rivalutazione al 100%: è meglio mantenere una soglia di prudenza utile a evitare contestazioni e a far fronte a eventuali svalutazioni negli anni successivi.

Se recuperare capitalizzazione può essere relativamente facile, bisogna però porre attenzione alla redditività, chiedendosi se il conto economico degli esercizi successivi può permettersi il maggiore ammortamento. Se per esempio si rivaluta un bene a un milione di euro e si hanno dieci anni di vita residua utile bisogna calcolare 100 mila euro annui di ammortamento. Il conto economico è in grado di assorbirli? Nel caso fosse difficile, si può cercare di capire se la vita utile del bene può essere allungata, spalmando quindi gli ammortamenti su un numero più elevato di anni. Se si decide per questa soluzione, serve ovviamente un’analisi oggettiva a supporto e comunque l’operazione andrà registrata nel bilancio d’esercizio successivo.

Un altro elemento da valutare è che cosa fare della riserva così costituita. Se la si vuole utilizzare liberamente, bisogna pagare l’imposta sostitutiva pari al 10%. In caso contrario è necessario inserire a bilancio l’imposta differita, riducendo quindi il valore della rivalutazione. Volendo distribuire questa riserva ai soci è indispensabile seguire la prima strada, ricorrendo al cosiddetto “affrancamento”. L’opportunità di una tale scelta è tutta da vedere, dato che può ridurre la resilienza aziendale in caso di crisi perdurante.

Quali beni sono rivalutabili

Se è abbastanza chiaro chi può procedere con questa operazione (in sostanza tutti i soggetti a eccezione di coloro che aderiscono agli International Accounting Standard, IAS), bisogna invece parlare di quali sono i beni assoggettabili a rivalutazione: le immobilizzazioni materiali e immateriali, le partecipazioni e i beni in leasing. Tutto deve essere comunque già presente nel bilancio al 31/12/2019 e il bene in leasing deve essere stato quindi riscattato entro quella data. L’avviamento, le merci da vendere e i beni monetari non possono essere rivalutati.

Un tema caldo è quello dei beni intangibili, come i marchi e il know-how. Qui c’è stato un grande dibattito, perché l’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) ha diffuso il suo documento interpretativo numero 7 su questo argomento solo da pochi giorni. La sostanza è che se si ha un marchio registrato, e quindi tutelato legalmente, non ci sono problemi, ma i dubbi nascono quando si è in presenza di marchi i cui costi non sono mai stati scritti a conto economico.

L’OIC alla fine ha stabilito che anche questi possono essere oggetto di rivalutazione, perché sarebbe una discriminazione permetterla solo in alcuni casi. Nelle motivazioni si sostiene però che la rivalutazione può essere fatta a fini civilistici: questa dicitura è stata inserita perché per i marchi non iscritti a stato patrimoniale il legislatore fiscale avrebbe in mente di modificare la norma per ridurre la possibilità di rivalutare fiscalmente questi cespiti. Per ora, quindi anche la rivalutazione ai fini fiscali è possibile, ma le norme potrebbero cambiare.

La giusta motivazione e gli altri strumenti

In tutti i casi, in nota integrativa e sulla relazione di gestione bisogna evidenziare e motivare la rivalutazione effettuata, che dovrà essere comunicata anche agli eventuali revisori o collegi sindacali. Una cosa importante da sapere è che tutti i beni sottoposti a rivalutazione non possono essere ceduti prima del primo gennaio 2024.

Come abbiamo visto, la rivalutazione dei beni aziendali è una strada interessante da percorrere, anche se va valutata con grande attenzione. Va sottolineato che a disposizione degli imprenditori c’è anche qualche altro strumento pensato per mitigare gli effetti della crisi. Il primo è la sospensione della ricapitalizzazione, che è stata rinviata al 2025. Inoltre, si possono sospendere i pagamenti dei finanziamenti. Queste moratorie danno un supporto finanziario, ma non di bilancio. La deroga, infatti, non ha previsto spostamenti delle competenze.

Infine, per il 2020 c’è anche la deroga dell’iscrizione degli ammortamenti. I beni si possono sia rivalutare che sospendere? La risposta è sì: le due deroghe procedono in parallelo e hanno l’obiettivo di mitigare gli effetti della pandemia. Il documento interpretativo n. 9 dell’OIC che riguarda la sospensione degli ammortamenti è stato pubblicato proprio ieri.

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