In questo periodo, le vacanze e i viaggi sono spesso argomento di dibattito, in quanto generalmente ritenuti veicoli per la diffusione del Covid-19. Di altro avviso il Robert Koch Institute (RKI) che, attraverso un suo recente studio, ha dimostrato che gran parte dell’aumento dei contagi verificatosi in Germania nell’autunno 2020 non è stato causato dai vacanzieri tedeschi di ritorno nel loro paese. Una buona notizia per l’industria del turismo!
La ricerca ha stilato una sorta di classifica degli stati in cui è stata contagiata la maggior parte dei viaggiatori di “ritorno”. Il Kosovo è al primo posto, seguito da Croazia, Turchia, Bosnia-Erzegovina e Romania, nonché dalla Bulgaria all’ottavo posto. Da alcuni di questi paesi provengono i lavoratori a contratto (Romania e Bulgaria) e altri sono quelli di origine di molti immigrati (Turchia e Kosovo). Fatta eccezione per la Turchia, nessuna di queste è una classica meta per le vacanze dei tedeschi, al contrario della Francia e della Spagna, che sono al sesto e settimo posto della lista. Molti contagi, soprattutto nel periodo iniziale, sono arrivati proprio da questi due ultimi paesi, probabilmente perché entrambi non sono stati classificati come aree a rischio nella fase iniziale e i test non erano ancora obbligatori. Dall’Italia, meta apprezzata dai tedeschi, non si sono registrati contagi.
In generale, come sostenuto dallo studio del Robert Kock Institute, nella classica vacanza le persone hanno un contatto meno intenso e frequente con la popolazione locale e, quindi, c’è un minor rischio di infezione rispetto a quelle che si recano nel loro paese d’origine per visitare le famiglie. Ma la ricerca non guarda solo al passato: si potrà riprendere a viaggiare purché si effettuino i test ai viaggiatori, soprattutto quando tornano in patria. E questo è fondamentale e possibile. Infatti, è già stato fatto nel 2020 e degli 80mila vacanzieri provenienti dalla Turchia, che hanno fatto il test molecolare o PCR, solo lo 0,3% (circa 250 persone) è risultato positivo.
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